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Immagine del redattoreValentina Maugeri

COSA POSSIAMO FARE PER RIVOLUZIONARE IL SISTEMA MODA?

Aggiornamento: 23 apr


Ieri è stato il 24 Aprile e nelle stories di Instagram avevo già anticipato l'argomento che andrò ad approfondire in questo articolo: il Fashion Revolution Day.

Esso viene celebrato ogni anno nel giorno in cui avvenne il collasso del Rana Plaza verificatosi nel 2013, dove morirono 1133 persone e vi furono oltre 2500 feriti.





Fashion Revolution è un movimento globale, nato proprio nel 2013, portavoce di numerose campagne per riformare il sistema moda industriale, quali l’importanza e la necessità di garantire maggior trasparenza ed eticità da parte della catena di approvvigionamento della moda. Tra gli obiettivi del movimento vi è anche sottolineare l’attuale emergenza climatica e quello di cambiare il modo in cui i vestiti vengono prodotti e acquisiti.


Per maggiori info su cosa è Fashion Revolution e su che eventi si tengono durante la Fashion Revolution Week, attualmente in corso potete cliccare a questo link: https://www.fashionrevolution.org/





Rivoluzione: la moda è fatta di noi


"Fashion Revolution" analizziamo questa parola: rivoluzione moda, che possiamo a sua volta leggere in “rivoluzione della moda”, “rivoluzione nella moda”, “moda rivoluzionaria” ETC..


Come dicevo nel primo articolo di questo blog, e come ho più volte sostenuto LA MODA SIAMO NOI, essa è un fatto sociale e ciò significa che la rivoluzione deve partire da noi, o meglio dovrebbe.


Si dovremmo, ma non è facile!


Chi mi conosce sa bene quanto io sia una persona realista (alcuni mi hanno dato della pessimista, ma vabbè punti di vista) e non mi piace sintetizzare con frasi “si può fare tutto se lo si vuole”, o “volere è potere”, perché spesse volte, in molti settori delle nostre vite non è così e non dipende esclusivamente da noi stessi.



Perché è ancora così difficile attuare una rivoluzione del nostro modo di vivere la moda?


Andando al di là di quello che negli ultimi mesi abbiamo letto sul fast fashion, sull’acquisto impulsivo indotto o voluto di noi consumatori, sull’inquinamento, sulle condizioni di lavoro e salute degli operai che lavorano nelle fabbriche dei paesi in via di sviluppo, vi sono più fattori che possono in qualche modo ostacolare la "rivoluzione" della moda per noi comuni mortali.


Quali sono?


1) La qualità dei capi non è più quella di una volta


Spesse volte "siamo costretti" ad acquistare capi di dubbia provenienza e di qualità ridotta. Voi credete che solo Shein, H&M, Zara o i negozietti cinesi puzzolenti producono nei paesi in via di sviluppo presentando prodotti scadenti? La risposta è NO, ed il prezzo non è sempre indice di massima qualità.


Il desiderio di ricavare alti profitti a basso investimento caratterizza da diversi anni tantissimi brand, ed il problema non è l’uso di poliestere, come alcuni in passato volevano far credere; le fibre sintetiche non sempre sono indice di scadenza o di poca durabilità (anzi, alle volte, tutto il contrario). Il problema è dove queste materie prime vengono ricavate e successivamente dove e da chi vengono lavorate nelle varie fasi di produzione prima di giungere a noi.


A tal proposito parliamo dei brand di fascia media che non sono più quelli di una volta: lo dimostrano famosi brand come ad esempio Emporio Armani, Gas, Level's, che se pur mantengano sempre una qualità superiore rispetto a quella proposta dai prodotti di massa di Zara o Bershka, non possiedono più le caratteristiche tessili e di confezionamento che erano notabili anni fa.


Ed il Made in Italy? Ci chiediamo “quale sia ormai il vero Made in Italy? Cosa ci garantisce con certezza che quella dicitura riportata nelle etichette sia vera se la ritroviamo anche nelle etichette dei capi acquistati a “Fera o Luni” a Catania a €10,00?

Purtroppo ancora in Italia dilaga poca chiarezza e scarsa cultura sull'argomento.


Cerchiamo di fare chiarezza sulla questione:


La dicitura "Made in ..." identifica il Paese in cui la merce ha subito l'ultima lavorazione o trasformazione sostanziale; in poche parole riguarda l'ultima fase, che può riguardare la confezione o le rifiniture, ma continuano ad esistere dubbi su tutte le fasi precedenti e soprattutto sulla provenienza delle fibre e del tessuto.


Oltre questo, le regole che disciplinato il “Made In” si basano esclusivamente su norme di diritto doganale.


Per maggiori info sull'argomento cliccate qui


In poche parole spesso abbiamo capi creati in Italia ma con tessuti cinesi!

Viene dichiarata questa cosa? No.


La dicitura a cui possiamo fare affidamento è "100 % Made in Italy".


E' facile trovare questi capi nei negozi comuni? Ni. Costano di più? Spesse volte si.


Alcuni aspetti che caratterizzano il nostro modo di produrre sono potenzialmente molto più responsabili rispetto alla concorrenza internazionale. Prima di tutto perché abbiamo molte piccole e medie aziende che producono a km 0, molti marchi indipendenti che garantiscono qualità, efficienza e tutela dei lavoratori.


Ma purtroppo, la tutela dei lavoratori, e la massima qualità del capo, non sono garantiti in tutta Italia; in alcuni famosissimi distretti produttivi italiani (di cui non voglio far il nome) abbiamo lavoratori del Bangladesh, dell’India, del Marocco, sfruttati circa 12 ore al giorno, senza diritti riconosciuti. Le condizioni igieniche e delle strutture sono certamente sicure rispetto a quelle di molti paesi in via di sviluppo, ma il problema sociale persiste.


Condizioni di lavoro che mi ricordano un po’ quelle a cui sono soggetti molti italiani, soprattutto nel Sud Italia! Ma vabbè questa è un'altra storia.


2.1 Il prezzo


Qualità= prezzo più alto? Il 60% delle volte si.

Ed il restante 40%?


Come detto precedentemente il desiderio di investire poco ed al contempo guadagnare molto caratterizza da diversi anni tantissimi brand, più o meno famosi.


Per fare un esempio: i maglioni Ralph Lauren sono prodotti in Vietnam!

Se non mi credete, andate a leggere le etichette interne dei capi prodotti nelle ultime collezioni.


Sono scadenti? No. Sono cuciti bene? Ni. Dureranno nel tempo? Probabilmente si. Costano meno rispetto a quanto potevano costare se realizzati da mani americane? NO!


2.2 Sempre il prezzo


Parliamo sempre di prezzo, ma sotto un altro aspetto: non tutti hanno la possibilità economica di poter spendere certe cifre per comprare vestiti ed accessori, ed il Made in Italy, l'artigianato ed il second hand di alta gamma, hanno dei costi non irrisori per chi guadagna a mala pena € 1.000 al mese.


Spesse volte ci ritroviamo ad acquistare cose di cui magari non prevediamo un costante bisogno e di conseguenza ci sentiamo quasi in dovere di spendere quanto meno possibile; ad esempio nel mio caso, quando ho una cerimonia per il quale mi serve un'inutile pochette glitterata e piccolissima, dentro il quale a mala pena entra un po' di autostima mi catapulto nel primo cinese di turno, all'ultimo minuto nella speranza di trovare un accessorio meno brutto possibile e magari anche a meno di € 10,00.


Questo è un esempio banalissimo, ma ci sono altri casi più rilevanti, che non sto qui ad elencarvi. Quindi si, a volte, per forze maggiori ci ritroviamo in difficoltà.




Le ragioni che ho analizzato fino ad adesso non devono però farvi credere che sto giustificando gli acquisti super economici e compulsivi che spesse volte facciamo, o che continuare ad acquistare Shein, Zara, H&M e Piazza Italia sia la soluzione migliore dato che "tutto è fatto male quindi tanto vale spenderci poco".


Spendere € 10,00 per una maglia anziché € 50,00 per una visibilmente simile, per poi ritrovarsi a buttarla dopo 1 anno, non è un risparmio, ma bensì uno spreco di denaro, tempo ed un fattore inquinante.


Cosa possiamo fare per attuare dei piccoli cambiamenti al fine di rivoluzionare il nostro rapporto con il consumo di moda?


  1. Rimandare l'acquisto: ciò permetterà di valutare se di quella cosa abbiamo realmente bisogno e se possiamo facilmente sfruttarla insieme a quello che abbiamo già nell'armadio. Oltre ciò, potremmo magari trovarla altrove ad un prezzo minore oppure trovare un prodotto molto simile ma di maggiore qualità.

  2. Acquistare poche cose ma bene: uscire dal negozio con 3-4 buste in mano o riempire i carrelli degli e-commerce di cavolate non è soddisfacente per i nostri armadi e portafogli. Scegliere di acquistare pochi capi di qualità, magari basic, permette di sfruttarli in più momenti e soprattutto di farli durare nel tempo. Vorreste paragonare il bisogno compulsivo di acquistare 3-4 camicie in base alle ultime tendenze con la soddisfazione che si prova ad avere intatta una camicia acquistata 13 anni?

  3. Scegliere il second hand: esso non riguarda solo i capi Made in Italy o i luxury brand. Si possono trovare anche prodotti artigianali, di brand minori o di fast fashion. Vinted, Vestiaire Collective e Wallpop sono un'ottima soluzione!

  4. Riparare vestiti ed accessori: giocare con un po' di fantasia e prendere forbici, ago e filo può essere un'ottima soluzione per dare nuova vita a capi che non ci piacciono più o che si sono consumati nel tempo; nel caso in cui non ne avessimo le abilità possiamo sempre rivolgerci a sarte e calzolai.

  5. Imparare a leggere le etichette ed informarsi su i brand: basta acquisti alla cieca! Internet è pieno zeppo di informazioni, che se pur ridotte e poco chiare, possono comunque aiutarci a sviluppare un pensiero critico sull'argomento ed a farci delle idee su i brand.

  6. Scegliere il fast fashion solo se non si hanno realmente soluzioni e cercare di non renderlo un'abitudine: come detto precedentemente la ridotta qualità dei capi e lo sfruttamento lavorativo riguarda tantissimi brand di cui il fast fashion rappresenta solo la punta dell'iceberg, ma è risaputo che proprio questi ultimi investono praticamente quasi 0 su ogni capo e sfornano capi in continuazione a differenza di altri, alimentando sempre più sfruttamento ed inquinamento.


C'è una cosa di cui siamo dotati fin da quando siamo diventati capaci di intendere e di volere: la facoltà di scegliere!

Scegliere fa la differenza!


La rivoluzione nella moda può partire solo da noi, dalle nostre scelte d'acquisto e dalla consapevolezza con il quale le facciamo.


Negli ultimi due anni, durante e dopo la pandemia le persone hanno cominciato a desiderare poche cose ma buone; si aggiungano poi anche gli investimenti che molti brand stanno facendo in fatto di etica e sostenibilità.


Sicuramente si continuerà su questa scia e ciascuno di noi potrà dare il suo piccolo contributo rivoluzionario in modo che con il tempo si arrivi ad una vera e grande Fashion Revolution.


Fashion Revolution is everyday!


Avete qualcosa da aggiungere su quanto detto fino ad adesso? Attuate già delle azioni rivoluzionarie su i vostri modi di acquistare capi d'abbigliamento?


Fatemelo sapere nei commenti!





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